martedì 6 dicembre 2011

Genovese di polpo

Questo è uno dei piatti da pranzo della domenica, che serve a riunire la famiglia, gli amici di vecchia data e quelli nuovi. Solitamente lo si offre anche ai vicini di casa più intimi poichè l'odore è talmente impregnante e penetrante che attraversa le pareti fino a stimolarne le papille gustative tanto da farli "bussare" alla porta dicendo: "scusate avit fatt a' genovese!?"

La Genovese nella tradizione napoletana è un sugo a base di carne e di tanta ma tanta cipolla lasciati cuocere per ore ed ore.

In questo caso abbandoniamo la ricetta tradizionale per eseguire la variante a base di polpo.

Ingredienti utilizzati per 8 persone.
- Per il sugo
1,2kg di Polpo vivo
3kg di cipolle dorate + qualche cipolla rossa
2 carote
1 gambo di sedano bianco
olio evo
1 bicchiere di vino bianco
Sale
- Per la Pasta
1,5 Kg Mezze maniche rigate (di Gragnano)
Pepe bianco
Parmigiano Reggiano
Pecorino Romano

La mattina in pescheria ho fatto pulire il Polpo vivo. (non sarei mai riuscito a domare quei tentacoli robusti)
Tornato a casa l'ho congelato per qualche ora per sfibrarne la carne e renderlo più tenero.
La sera, dopo aver messo a dormire le bimbe, ho iniziato a preparare il sugo per il giorno dopo.
Ho pulito e tagliato a mano le cipolle.
Intanto ho fatto riprendere il Polpo in pochissima acqua bollente. Ancora caldo l'ho tagliato a pezzettoni e conservato il brodo.
In un pentolone ampio e alto ho soffritto le carote e il sedano tritati, ho unito il polpo e ho lasciato legare gli ingredienti per qualche minuto a fuoco vivace facendo svaporare 1/2 bicchiere di vino bianco e l'altra metà l'ho bevuto compiacendomi di quanto stava avvenendo su quel fornello.
Ho unito le cipolle, il brodo di polpo, ho coperto il pentolone e abbassato al minimo la fiamma.

Di tanto in tanto ho mescolato e aggiustato di sale.
Dopo circa 4 ore si è compiuta la trasformazione della cipolla e del polpo in una perfetta Genovese densa, dal colore omogeneo e dal profumo irresistibile.

Il giorno dopo a pranzo ho sposato il sugo della Genovese con la pasta di Gragnano cotta molto al dente mantecando con un po' di pepe, parmigiano reggiano e pecorino romano.  

Azz! Hanno gradito tutti!

Il quaderno personale delle ricette

Stava qui. É sempre stato qui. L’ultima volta l’ho visto qui proprio qui vicino a..no, forse dietro alle.., uhm voui vedere che sta sotto a....

- Ma quando l’hai visto l’ultima volta?
Beh, l’ultima volta...e che sarà stato...che mi è servito per..., ah si è stato per la preparazione della pastiera lo scorso Natale.
- E’ ‘n anno! É da un anno che lo hai “riposto” e, sei proprio sicura che stesse lì?
Noo, no lì ma qui proprio qui in mezzo ai ripiani...ahhh eccolo! Che ti dicevo?

La scena si ripete ogni volta che si cerca il quaderno personale delle ricette.
Non le ricette così ma, le RICETTE! Quelle veramente buone, quelle della tradizione, quelle annuali, quelle dei ricordi, quelle che hai fatto tue, quelle di quando si viveva da soli, quelle dei viaggi, quelle che solo basta iniziare a leggere gli ingredienti che ti ritornano in mente esattamente i luoghi, le cucine, i volti, i gusti, gli odori ed i sentimenti. Quello ormai ingiallito dal tempo e dall’unto, con correzioni di tutti i colori, con inserti di foglietti volanti ma preziosi.
Il quaderno personale delle ricette lo ritrovi sempre in posti diversi e ogni volta con lo stesso stupore di quando apri un cassetto per cercare una tale cosa...e invece ritrovi delle vecchie foto scordate lì ma mai dimenticate.

lunedì 5 dicembre 2011

Ricordi gastronomici

ODORE E SENTIMENTO di Michele Campanella

É pregnante!

Lo insegui, come se lo vedessi, ne ricerchi la fonte, l’origine.
E mentre ne provi a determinare le coordinate fisiche, cercando di dare consistenza reale a qualcosa che ti sembra impalpabile, intanto, il cemento armato, sta lasciando spazio a blocchi di tufo, l’ascensore ritorna ad essere una scala dai gradoni alti, scomodi da salire, ma ottimi per giocare, i tristi vicini di condomino diventano una folla di cugini, zii, conoscenti, gente che non vedevi che una volta l’anno e di cui, a volte, dimenticavi anche il nome, ma che (senza che tu te ne rendessi conto) ti riempivano l’estate, rendendola vera e da lì in avanti indimenticabile.
Tutto si affolla, annegato in una luce abbagliante, estiva, con un rumore di fondo costante, fatto di cicale e trebbiatrici (non di auto, per carità!), di voci, strilli, pianti e risate, di orchestrine improbabili e di cantanti assolutamente sconosciuti, di canzoni (canzoni?) mai sentite e mai più riascoltate, tutto insieme, condito da quell’odore...pregnante!
Un miscuglio di adolescenza pulsante e di anni lontani mai dimenticati.
Tutto scatenato da un sottile odore, quasi un olezzo, improvvisamente giunto alle tue narici.
Tutti i ricordi vengono sovrastati, quasi cementati, da quell’odore, che provvede poi (ma come è possibile?) a generarne altri mai più sentiti.
Odori di ingredienti trasformati in piatti semplici, apparentemente dimenticati, ma rimasti scolpiti nella memoria. Piatti che, all’epoca, mangiavi svogliatamente, senza neanche coglierne i singoli elementi e che oggi vorresti riavere davanti a te a qualsiasi costo.
Perché?
Per l’età in cui li assaporavo o per la loro sostanza?
Per il loro essere ormai distanti nel tempo, parte essenziale di una personale età dell’oro, o per essere completamente altro da quanto costretto a mangiare oggi?
Poi, di colpo, ti risvegli. Forse uno squillo di cellulare, forse qualcos’altro, comunque un suono inatteso e certamente improvvido ti fa ripercorrere più di trent’anni in pochi millesimi di secondo.
Con un dolore che non c’è, ma che tu avverti distintamente, che ti sembra quasi fisico e lancinante, il quadro a tinte forti ritorna ad essere un acquerello sbiadito, il cemento riconquista il suo territorio e la fonte della tua fantasia torna ad essere quello che era e che sempre era stato.

Un banale, insignificante . . . spicchio di aglio soffritto.